lunedì 7 gennaio 2008

Ci sarà allegria anche in agonia con il vino forte...




Ho amato Fabrizio de Andrè moltissimo e la sua morte ha lasciato dentro di me un grande vuoto. Le canzoni di Faber si sono ripetute nei miei giorni adolescenziali, raccontandomi storie di emarginati, ribelli, diseredati, umanità platealmente respinte alle quali Fabrizio, procedendo sempre in direzione ostinata e contraria, ha saputo restituire una dignità.

Fabrizio de Andrè è stato un grosso bevitore fino ai 45 anni. Tutta la sua discografia presenta una serie di "quadretti" di vita in cui i protagonisti contano più per l'essenza che per le azioni o per il loro passato: un'umanità emarginata dunque, a lui così cara e descritta con evidente simpatia, in quanto raffigurante la schiettezza contro l'ipocrisia. Tali personaggi dai sentimenti autentici sono anche descritti come coloro che cercano la felicità in un bicchiere di vino allo scopo di sbeffeggiare la morte e la cattiva sorte.

".... una gamba qua, una gamba là gonfi di vino, quattro pensionati mezzo avvelenati al tavolino.....loro cercan là la felicità dentro a un bicchiere, per dimenticare di esser stati presi per il sedere. Ci sarà allegria anche in agonia col vino forte, porteran sul viso l'ombra di un sorriso tra le braccia della morte".

Il vino visto dunque come una fuga, un elemento di consolazione, capace di alleviare le sofferenze quotidiane e di restituire un sorriso. Ma anche fedele e unico compagno di chi, come il suonatore Jones, sceglie di dedicare la propria esistenza ad un'ideale di libertà immateriale.

"... lui che offrì la faccia al vento, la gola al vino e mai un pensiero non al denaro, non all'amore nè al cielo".

Alla vigilia del nono anniversario dalla morte di Fabrizio, mi sembra opportuno ripetere ancora una volta che "è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati".

1 commento:

Unknown ha detto...

ottimo.Ignoravo che a De Andrè piacesse il buon vino!